Norma fu improvvisamente richiamata verso la stanza da letto da un rumore inaspettato. Un po’ spaventata raccolse, per avere almeno una parvenza di protezione, il primo oggetto pesante che trovò: uno specchio con manico e cornice in argento. Lasciò il bagno ed entrò nella camera in punta di piedi, con tutti i sensi all’erta. La finestra era aperta. Giacomo intanto, protetto dall’oscurità, studiava lei e l’ambiente. Era un appartamentino modesto, arredato in maniera mediocre. Non c’era nulla che facesse pensare che lì vivesse una dea. Aveva un’idea a dir poco indefinita di dove e quando si trovasse e ricordava molto poco di come fosse arrivato in un luogo a lui così poco familiare. Sapeva però che, non appena aveva visto Norma, aveva pensato che fosse di una bellezza quasi dolorosa, con un volto sorridente e assente, dalle mille interpretazioni. Un volto enigmatico, come la Gioconda.
La luna illuminò la pelle bianca di lei e Giacomo, non sapendo più resistere, si palesò. – i miei omaggi a questo fiore della luna– esordì col solito tono sicuro ma che lasciava intuire una vena di dolcezza fanciullesca – che nella sua ineguagliabile bellezza, di viso quanto di cuore, di certo saprà perdonare la scelleratezza di un folle innamorato – Norma, nel farsi indietro spaventata, quasi inciampò nella bianca veste da notte che indossava – Chi sei? – riusci a dire con la voce strozzata per la paura –vattene subito o dovrò chiamare la sicurezza che sta qui fuori – – Oh mia luce, vi prego di perdonare la mia vergognosa maleducazione. Permettete che mi presenti: Giacomo Girolamo Casanova, per servirvi – su queste parole si profuse in un plateale inchino – ed essendo certo d’essermi pienamente guadagnato tanto meriti quanto demeriti per quello che ho fatto di buono o di cattivo durante la mia vita, posso ben definirmi un uomo libero –
Norma pensò alla confezione di barbiturici aperta di là in bagno e considerò lo sconosciuto come un possibile effetto collaterale. In ogni caso non aveva più molta importanza e, d’altra parte, davanti alla sua porta non c’era alcuna sicurezza da chiamare. Come sempre era sola. Posò lo specchio. L’istinto la spinse comunque a cercare di darsi un tono – e, se non chiedo troppo, si può sapere per quale ragione si è illegalmente introdotto nel mio appartamento, signor Casanova?– Giacomo incupi lievemente, come sentisse improvvisamente un peso comprimergli il cuore – Mia Signora, oggi mi è stato fatto il dono di incontrarvi. Come può ben sapere un animo sensibile come il vostro, spesso, un dono porta celata in sè anche una maledizione. Quella che mi è toccata in sorte è la crudele sofferenza di non poter vivere senza aver incontrato, almeno una volta ancora, i vostri begli occhi –
– ah, dunque si tratta solo di questo, dei miei occhi –
Norma si sedette sul letto come sfinita. Aveva creduto di vedere del dolore in lui e, per un momento, aveva sperato che fosse sincero – quindi sei come tutti gli altri. Anche tu mi guardi, mi desideri ma non mi vedi – poi, superandolo con lo sguardo, quasi parlasse a se stessa, sussurrò – Gran parte degli uomini sono talmente orribili… meritano che se ne cavi tutto quanto si può – Giacomo le si avvicinò, si inginocchiò, le prese una mano fra le sue e ne cercò di nuovo gli occhi. –Siete come uno splendido giglio. Meravigliosamente bella e orribilmente fragile. Quasi ho paura di causarvi dolore anche solo sfiorando la vostra mano – disse ora con un tono mutato, più sincero, quasi fosse un attore uscito da una parte – ma, per quanto la sofferenza sia inerente alla natura umana noi non soffriamo mai senza avere la speranza della guarigione; il contrario è un caso rarissimo, e la speranza è un piacere. Permettetemi di essere la vostra –
– Mi creda, io vorrei essere felice. Ma chi lo è? Chi è felice? Volevo essere semplicemente meravigliosa, che la gente volesse sentirmi cantare senza avere il bisogno di guardarmi. E invece mi sono trovata a fare la diva super bella e superoca, la bionda scema e desiderabile, consolante per ogni cretino di maschio occidentale – Norma pronunciò le ultime parole quasi con rabbia – nessuno vede Norma. Tutti vogliono solo la maledetta Marilyn!– Sembrò presa da una sofferenza indicibile. Giacomo se ne accorse e sentì il germe della disperazione crescere in lui – Mia Signora ascoltatemi, ve ne prego. C’è stato un tempo in cui credevo che tutte le donne, oneste o no, si vendessero. Quando un uomo ha tempo le compra con premure e attenzioni e quando ha fretta, come ne avevo io, adopera i regali e l’oro. Amavo, ero amato, stavo bene, avevo molto denaro e lo spendevo, ero felice, e me lo dicevo. Ho capito di essere in errore nonappena il mio sguardo ha incrociato il vostro – Giacomo si sentiva inaspettatamente tremare
– C’è qualcosa in voi che parla alla profondità del mio cuore. Qualche cosa di così puro e vero che da solo sembra poter dare finalmente un senso alla mia vita scellerata – Norma ora sorrideva come consolata, ma lo sguardo era vacuo – allora forse davvero mi vedete.. vedete Norma.. ho un gran sonno ora, proprio un gran sonno, mi dispiace, mi dispiace.. è tardi, troppo tardi, ma almeno per una volta ha vinto Norma..– Giacomo capì. La raccolse fra le braccia e l’adagiò sul letto.
– Quando ero piccola, nessuno mi diceva mai che ero carina; bisognerebbe dirlo a tutte le ragazzine, anche se non lo sono– le parole le uscirono con la fatica del sonno pesante e innaturale che stava cogliendo tutto il suo corpo. Giacomo lasciò cadere un bacio lieve sulla fronte di lei e un secondo tra i suoi riccioli biondi. Norma, allora, chiuse gli occhi.
Francesco Bellardi