il boscaiolo, una favola invernale delicata e rispettosa del nostro Sergio Scipioni
Era d’inverno, in un piccolo paese di montagna faceva molto freddo, fuori c’era la neve e soffiava un forte vento di tramontana. Tutti gli abitanti, per scaldarsi, dovevano accendere il camino e bruciare tanta legna. Un giorno, un boscaiolo che abitava nell’ultima casa del paese decise di andare nel bosco a tagliare un grosso albero per ricavarne legna e carbone, per scaldarsi e venderne una parte agli altri abitanti.
Prese l’ascia, se la mise in spalla e si avviò lungo il sentiero, dopo poco tempo giunse ai piedi di un grosso faggio che aveva deciso di tagliare, lo guardò da cima a fondo e in cuor suo si rallegrò, perché aveva scelto proprio bene. Infatti, era un bellissimo albero, aveva il tronco dritto e molto alto e ci avrebbe ricavato una bella catasta di legna.
Tirò giù l’ascia dalla spalla e incominciò a tagliare, ma prima di colpire l’albero sentì una voce che gli disse: ”Non tagliarmi! Non vedi che fusto dritto che ho? È molto alto e con la mia chioma piena di rami e foglie produco molto ossigeno che serve anche a te per respirare”.
Il vecchio taglialegna, sentendo quelle parole, si fermò di scatto, si impietosì e se ne andò più avanti. Camminando lungo il sentiero, vide una bella pianta di quercia, anch’essa con un bel fusto grande e tozzo, con una grande circonferenza. L’uomo pensò: taglierò questa, che è bella grossa, così ci ricaverò tanta legna e carbone e starò al calduccio per tutto l’inverno.
Riprese l’ascia dalla spalla e come fece il gesto di colpire la pianta, un’altra voce che proveniva dall’albero gli disse: ”Perché vuoi tagliare proprio me? Non vedi che belle ghiande che produco? Servono per sfamare le ghiandaie, i colombacci, i cinghiali, e altri animali selvatici, altrimenti nel lungo e rigido inverno morirebbero di fame”.
Il boscaiolo rifletté molto e pensò di non tagliare neanche quella quercia, perché anche lei era utile per far campare altri esseri viventi.
Riprese l’ascia e si incamminò di nuovo. Arrivato vicino a un grosso sasso, vide che su un lato c’era un grosso carpino, con il fusto tutto storto e malandato, addirittura con qualche ramo secco, e a quel punto decise di tagliare proprio quello, ma quando si avvicinò con l’ascia in mano, un’altra voce che proveniva dall’albero gli disse: ”Non tagliare proprio me, che sono così storto e malaticcio. Lasciami vivere ancora qualche anno, nella mia vita ho avuto solo sofferenze, ho dovuto sopportare il peso di questo sasso, le mie radici soffrono, però, in compenso, sono diventate resistenti e ben ancorate al terreno e non lo lasciano franare nei periodi di pioggia”.
A quel punto l’uomo si sedette sul sasso e incominciò a riflettere, e in quell’esame di coscienza capì che gli alberi sono utili per la nostra vita, essi ci danno frutti e ossigeno, e con le loro radici mantengono fermo il terreno. Mentre era sul sasso, pensieroso, la voce del carpino lo chiamò e gli disse: ”Ascoltami bene: visto che mi hai risparmiato e mi lasci vivere ti indico io dove andare a prendere legna a sufficienza per scaldarti durante l’inverno, vai avanti ancora cento metri per questo sentiero, li troverai un grande albero secco che il vento di tramontana ha fatto cadere a terra, da quell’albero potrai ricavare tutta la legna che vuoi e potrai scaldarti per l’inverno tu e far scaldare tutti gli abitanti del tuo paese”.
Il taglialegna ringraziò e proseguì, dopo poco vide a terra un grandissimo albero secco, fece un grido di gioia e incominciò a tagliare, e mentre tagliava non sentì nessuna voce, perché quell’albero era ormai morto. Fece un bel fascio di legna, se lo caricò in spalla e lo portò a casa, e quando arrivò in paese avvisò tutti gli abitanti e il giorno dopo tutti andarono in montagna a prendersi il loro fascio di legna e per tutto l’inverno furono al calduccio, vicini al camino.
Il boscaiolo, in primavera, andò a ringraziare il vecchio carpino storto e malandato. Una mattina, prese un paio di forbici, una sega e un sacchetto di concime, andò lassù e quando arrivò sotto l’albero sparse il concime nelle vicinanze del tronco, poi prese le forbici e tagliò tutti i rami secchi, aiutandosi anche con la sega, lo potò alla perfezione e per un po’ di tempo si prese cura di quella pianta, finché riprese vigore e tutti i rami germogliarono con forza formando una bellissima chioma.
Così un giorno, mentre era seduto sul sasso a rimirare la trasformazione del carpino, sentì la voce che lo ringraziava di tutte le attenzioni ricevute e che gli disse: ”Ti ringrazio molto di tutto quello che hai fatto per me, però dovresti dire agli umani, cioè ai tuoi simili, di volersi bene gli uni con gli altri, di rispettare e aiutare i vecchi malandati e le persone diversamente abili, perché tutti hanno qualcosa da dare, ma soprattutto hanno la loro dignità, che non deve mai essere calpestata.
Sergio Scipioni
(la favola, che ha ricevuto una menzione speciale al premio Il Cavedio 2014, in cui si è piazzata nella rosa dei 25 finalisti, sarà presente in una nuova raccolta in uscita per i primi mesi del 2015)